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...ma anche allora abbiamo celebrato la Pasqua

Giunti ormai alla Settimana Santa, siamo ancora più aiutati a comprendere quale tipo di natura manifestiamo come comunità di battezzati e credenti in Cristo. Gesù, offrendosi liberamente alla sua passione, affrontò volontariamente la morte in croce, e con la sua morte ha ridonato a noi la vita. Ma di quale vita possiamo parlare? Rifletteva alcuni anni fa Joseph Ratzinger nel suo libro “Gesù di Nazareth”: la Risurrezione è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò; una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini. Per questo la risurrezione di Gesù non è un avvenimento singolare, che noi potremmo trascurare e che apparterrebbe soltanto al passato, ma è una sorta di «mutazione decisiva» (per usare analogicamente questa parola, pur equivoca), un salto di qualità.

Carissimi, desideriamo questo “salto di qualità” e prepariamo questa Santa Pasqua come un incontro fondamentale e sempre nuovo con il Signore, il Vivente, il Risorto dai morti. Quest’anno la Quaresima è stata segnata da fatti molto seri e gravi. Siamo rattristati e attoniti, a tratti infastiditi dal racconto di tante atrocità. Mentre non desistiamo dall’invocare il dono della pace, non dimentichiamo che la Pasqua c’è se il chicco di grano caduto in terra muore. Noi siamo spesso inorriditi perché molto installati e rassicurati dalle nostre tradizioni. Non dimentichiamo che la vita e la fede possono essere messe seriamente alla prova!

La nostra fede battesimale divenga, a poco a poco, l’evidenza che certifica, per l’azione dello Spirito Santo in noi, una speranza viva al di là della morte. Sia questo il reciproco augurio più sentito per tutti noi.

Un vescovo del terzo secolo, Dionigi di Alessandria, ha lasciato la testimonianza di una Pasqua celebrata dai cristiani durante la feroce persecuzione dell’imperatore romano Decio: «Ci esiliarono e, soli fra tutti, fummo perseguitati e messi a morte. Ma anche allora abbiamo celebrato la Pasqua. Ogni luogo dove si pativa divenne per noi un posto per celebrare la festa: fosse un campo, un deserto, una nave, una locanda, una prigione. I martiri perfetti celebrarono la più splendida delle feste pasquali, essendo ammessi al festino celeste». Mettiamo in conto la portata, la grandezza, l’ampiezza, la profondità del mistero che celebriamo. Non lo capiremo, certo, ma stiamo attenti: chiediamo lo Spirito Santo per un giudizio di fede su quello che ci accade e sulle circostanze che viviamo. La nostra fede sia radicata profondamente nella Pasqua di Gesù, perché non sia solo un’ispirazione, una verniciatura, ma incida profondamente nella nostra vita.


don Valerio

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